Nelle sue prime Considerazioni finali, il tradizionale appuntamento annuale in cui Bankitalia ci da una fotografia puntuale sulla situazione del nostro Paese, il Governatore Panetta ci restituisce un quadro in cui le ombre, probabilmente, ci fanno capire come il percorso verso il risanamento non sia semplice. Aspetto che, a dire il vero, non riguarda solo l’Italia ma si allarga a tutta l’Europa, se è vero che verso la fine degli anni 90 l’area rappresentava, con il 26%, la principale economia mondiale, mentre ora ci si ferma al 18%. Nello stesso periodo, il nostro PIL è passato dal 16,8% dell’area UE all’attuale 12,8%, circa il 25%. Non è, quindi, solo una coincidenza se il reddito medio dei lavoratori dipendenti, oggi, è inferiore di circa ¼ a quello di Francia e Germania: in termini pro-capite siamo rimasti al 2000, mentre in Francia e Germania è cresciuto di almeno 1/5.
Ma quello che più colpisce, ancora una volta, è la crisi demografica che stiamo attraversando, le cui conseguenze sono appena iniziate.
Da qui al 2040, infatti, si prevede che il numero delle persone in età di lavoro diminuirà di ben 5,4ML di unità, nonostante un flusso netto di circa 170.000 persone all’anno dall’estero. Se pensiamo che proprio il mese scorso abbiamo toccato il massimo di sempre di occupati (23.975.000, pari al 62,3% della popolazione in età di lavoro, che quindi è intorno ai 38,5ML), possiamo ben comprendere la gravità del fenomeno. Minore popolazione in età di lavoro vuole dire meno occupati. Meno occupati significa meno opportunità di lavoro (e di crescita). Minore crescita significa meno PIL. Infatti le previsioni sono per una diminuzione di oltre il 13%, corrispondente ad un – 9% pro-capite. E minor reddito pro-capite, a sua volta, vuol dire meno ricchezza e meno benessere. Insomma, di questo passo saremo sempre più un Paese condannato non solo alla vecchiaia, ma anche alla povertà (non a caso già oggi possiamo scorgere le prime avvisaglie, con il numero dei poveri – individui e famiglie – in costante aumento).
Non è casuale, pertanto, che molti giovani vogliano “sfuggire” a questo rischio. E’ probabile che, le loro scelte, non siano dettate da previsioni che lasciano poco spazio all’ottimismo, quanto al “qui e ora”, costituito dalle opportunità che già oggi si presentano. Tra il 2008 e il 2022 in ben 525.000, soprattutto laureati, hanno lasciato il nostro Paese: e di questi, solo 1/3 è rientrato. A richiamarli opportunità di carriera e di remunerazione ben superiori a quelle di cui possono beneficiare in Italia. Ovvio che questo gap si traduca in un ulteriore “costo” per la nostra economia: secondo alcune stime, si parla di circa il 2,5% di PIL (circa € 44 MD) che sfugge in quanto le aziende non riescono a trovare personale idoneo.
C’è poi il tema relativo all’occupazione femminile: un problema annoso, che ci vede tra i fanalini di coda nella UE. Oggi il tasso di occupazione femminile è, in Italia, solo del 52,5%, con un tasso di partecipazione al mercato del lavoro che non supera il 66,7%. Ben 8 punti meno della media UE.
Rimane poi l’argomento delle nuove tecnologie, con l’avvento, anche da noi prepotente, dell’AI. Va detto che, quasi in maniera sorprendente, oggi siamo, per quanto riguarda l’industria manufatturiera, al 1° posto in Europa per l’utilizzo di robot: 13,2 ogni 1000 addetti, contro i 12,6 della Germania e i 9,2 della Francia.
Eppure, come più sopra ricordato, soffriamo più di altri. Senza contare che, con l’ulteriore diffusione dell’intelligenza artificiale, per circa 1/3 dei lavoratori le opportunità di lavoro potrebbero ridursi.
Un contesto globale che non invita, certamente, a stappare spumante (e non viene fatto cenno ai conti pubblici, forse il “problema” per eccellenza).
A maggior ragione non possiamo che rallegrarci nell’apprendere che siamo, oggi, creditori verso il resto del mondo. Se 10 anni fa avevamo una posizione debitoria pari a circa il 23% del PIL (€ più € meno circa € 350MD), oggi, di contro, dobbiamo “avere” circa € 155 MD, pari al 7,4% del PIL. Poca roba, certo, ma il valore simbolico non va dimenticato, soprattutto conoscendo le difficoltà in cui ci troviamo (nonostante le quali, peraltro, continuiamo ad essere tra le prime 8 economie al mondo).
La settimana inizia con alcuni rialzi significative sui mercati del Pacifico.
Il forte recupero, nel finale di seduta, venerdì, di Wall Street, con il Dow Jones a + 1,51% e il Nasdaq che è passato da – 1,7% alla parità, spinge alcuni listini, che si avviano a chiusure più che positive.
A primeggiare l’Hang Seng di Hong Kong, che sale di oltre 2 punti (+ 2,13%).
Molto bene anche il Nikkei di Tokyo (+ 0,94%).
Debole, invece, Shanghai, che arretra dello 0,59%.
Piuttosto positivo anche il Sensex di Mumbai, che, grazie al + 2%, si porta a quasi 76.000 punti, record di sempre.
Futures positivi sulle latitudini europee e americane (+ 0,25/0,35%).
Petrolio appena debole, con il WTI a $ 76,76 (- 0,39%).
Gas naturale Usa $ 2,699 (+ 4,17%).
Oro $ 2.339, – 0,37%.
Spread a 131,1 bp.
BTP che “riapre i battenti” dal 3,99%.
Bund al 2,67%.
Treasury sotto il 4,50% (4,49%).
Stabile l’€/$, a 1,0851.
Bitcoin sulla soglia dei $ 69.000 (68.799).
Ps: era il 3 giugno 1964, giusto 60 anni fa. Un “tale” Jimmy Nicol, musicista londinese (suonava la batteria), riceve una telefonata in cui gli viene detto se è disponibile a sostituire, per una serie di concerti, un “tale “ Ringo Starr, che, colpito da una tonsillite, è ricoverato in ospedale. I Beatles devono partire per una tournèe all’estero e, ovviamente, devono trovare una soluzione. Chi avrebbe potuto “esimersi”…e, infatti, seppur per “pochi spiccioli” (è tutto relativo, è vero, ma si parla di £ 2.500 ad esibizione + altri £ 2.500 di bonus, nulla rispetto ai guadagni del gruppo) il buon Jimmy accetta. Nel giro di poco più di un giorno impara tutto ciò che c’è da imparare per potersi esibire. Esordisce a Copenaghen e, subito dopo, Olanda, e poi Hong Kong. Comincia quindi a pensare che oramai è uno dei Fab Four. Ma Ring Star (pur non essendo Keith Richards, l’uomo dalle 7 vite), guarisce prima del previsto e raggiunge i compagni in Australia. Il suo sostituto torna mestamente (partendo nottetempo, pare), portandosi dietro un ultimo compenso di £ 500 e un orologio d’oro con dedica. E, così sì dice, i complimenti di John Lennon, che gli avrebbe detto che lui era meglio si Ringo Starr…